venerdì, ottobre 13, 2006

 

FELICI E SCONTENTI

Taccuino n. 33

Non è come la fortuna, che a volte è dietro l’angolo. La felicità ti sta perfino accanto, ti danza intorno, appare e scompare, ti insinua il dubbio. Fiumi di inchiostro sono stati spesi senza giungere mai ad una definizione compiuta ed esaustiva del fine cui, da sempre, tende l’umanità. E non poteva essere diversamente, dal momento che della felicità si possono fare mille ritratti ma non è consentito di incorniciarla in un quadro da affiggere alla parete. L’importante è riuscire a pensarla, immaginarla e percepirla, magari come un gustoso gelato alla mela verde che, semplicemente, riesce ad appagare lo spirito inquieto di un signore lontano dalle formalità obbligate, quantunque tradito dalle moderne illusioni tecnologiche che alimentano i surrogati di avvincenti dialoghi. Però, se la sfera della felicità non è solo una chimera, ma una preda da inseguire, una specie di caccia al tesoro individuale e collettiva, dove non contano più soltanto le aspettative collegate ai sentimenti ed alle passioni, ma anche il benessere economico e la soddisfazione materiale, ecco che per il popolo lucano giunge un’altra tegola sulla testa. In base alle moderne teorie economiche ed agli studi sulla felicità effettuati da noti scienziati e ricercatori, i cittadini della Basilicata risultano fanalino di coda, non soltanto nella classifica del PIL (prodotto interno lordo) ma anche in quella del FIL (felicità interna lorda). Essa è stata calcolata sulla base del grado di soddisfazione delle persone in relazione ad una serie di componenti strategiche economiche e sociali, di cui farebbero bene i governanti regionali a tenerne debito conto ai fini della definizione degli orientamenti e delle scelte politiche da compiere. Dal campione oggetto di una recente ricerca emerge che, a fronte del 13% dei cittadini italiani che si dichiarano molto felici e del 25% che afferma di essere poco o per niente felice, ben il 61% degli intervistati si considera abbastanza felice della vita che conduce, ma nessuno di esso indica la Basilicata come luogo di felicità. Al primo posto troviamo l’Emilia Romagna, seguita dalla Lombardia, dalla Toscana, dal Veneto, dalla Sicilia e via via tutte le altre regioni, fino a giungere al fondo di una graduatoria, per noi, per nulla gratificante. Se ve ne fosse ancora bisogno, questa preoccupante cartina al tornasole rende evidente l’incoerenza e l’inefficacia delle politiche adottate e forse può contribuire a smascherare una ricetta del modo di governare che si è sostanziata in molto fumo per i cittadini, in tanto arrosto per l’oligarchia al potere, in innumerevoli promesse di futuro benessere, soltanto per convincere i primi ad accontentarsi del fumo. Ma, come è noto, a parte quello associabile agli improponibili inebriamenti molto in voga negli ambienti artistici, sportivi e, non sia mai detto, anche parlamentari, di solo fumo nessuno si è mai saziato né, tantomeno, ha tratto alcun felice giovamento. Eppure, fin dall’antichità, dal tempo degli Egizi, la qualità del saper governare era condizione essenziale per il buon vivere. I popoli più felici, raccontava Frédéric Bastiat, furono quelli dove la legge interveniva di meno lasciando spazio all’individualità delle persone di potersi esprimere liberamente, quelli dove le imposte erano meno pesanti e sbilanciate, dove il lavoro, i capitali, la popolazione, subivano i minori disagi creati ad arte, dove l’umanità poteva seguire maggiormente la propria strada. Fu Ferdinando I, nell’anno 1820, a dare prova di illuminante sapienza governativa, tanto da introdurre nella Costituzione del Regno delle due Sicilie uno specifico articolo sulla felicità: “L’oggetto del governo – recitava l’articolo 13 dell’allora carta fondamentale - è la felicità della nazione; non essendo altro lo scopo di ogni politica società, che il ben essere di tutti gli individui che la compongono”. Ai tempi dei nostri premierati “berlusconprodiani”, abbiamo, invece, che il paese più felice del mondo è quello dell’arcipelago di Vanuatu, mentre l’Italia raggiunge appena il sessantaseiesimo posto. Peggio di così! Ma la Basilicata, per fortuna o sfortuna della sua gente, ha un asso nella manica che altri non hanno: quello di poter conservare una condizione di “felice schiavitù”. Ad incominciare da chi veste i panni di sciamano di periferia e opera, invece, da custode dei padroni del pastificio. Schiavi sì, ma felici. Felici sì, ma scontenti.

Gianmatteo del Brica


Comments:
....sei lo stesso che scrive sul Balcone?
 
... la curiosità è per farti i più sinceri complimenti!
 
Grazie Astronix. Ti avevo già mandato una e-mail che mi rendo conto non ti è giunta.
Si, ho pensato di riportare anche su blog i taccuini pubblicati sul Balcone del Conte con l’intento di incontrare nuovi amici con i quali poter sviluppare opinioni e confronti in piena libertà e con la flessibilità che lo strumento informatico consente. Ho dato una occhiata al tuo blog e mi sembra un altro tassello importante per riempire il vuoto, che esiste in Basilicata, di informazione libera e non “fabbricata” dai partiti e dai centri di potere istituzionale. Spero di risentirti. Un caro saluto. Il Brica
 
Leggo tutti i venerdì il Balcone e la tua rubrica non può passare inosservata.... Una penna eccellente!
Apprezzo pure sul giornale i commenti di Michele Napoli e Matteo Trombetta.
Il Balcone in poco tempo s'è disegnato uno spazio importante nell'informazione lucana.....
Proprio sul mondo dell'informazione lucana ho da palesare più di qualche dubbio sulla reale libertà di stampa....
Per fortuna oggi ch vuole può cercarsi le notizie su internet.
Di nuovo complimenti!
 
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