sabato, settembre 23, 2006

 

PROVOCAZIONE 1

Taccuino n. 28
Qui non si smuove assolutamente niente. Nessun sussulto, nessuna modifica dello stantio cliché al quale sembriamo condannati.
Ci fosse almeno, ogni tanto, qualche provocazione. Neanche per sogno, anzi, la prima puntualizzazione di rito che oramai si fa, in avvio di qualsiasi discorso, è che non si vuol provocare. Ma perché? Per paura di cosa? Di quali reazioni? E perché mai?
Posso assicurare che si tratta di un timore infondato, a maggior ragione per chi non ha nulla da perdere, come la quasi totalità della popolazione lucana. E poi, bisogna considerare che, come dice il proverbio, “il timor dell’uno aumenta l’ardir dell’altro”; cioè, proprio in virtù di questi atavici timori, reverenziali od opportunistici, del popolo, è stato reso possibile, ai potenti ed ai furbi di turno, di poter liberamente imperversare, ben oltre i propri mezzi e le proprie capacità.
Lo scadimento delle istituzioni e del livello della rappresentanza sociale è sotto gli occhi di tutti e nessuna riforma o innovazione è stata capace di porvi rimedio; ciò, per il semplice fatto che la formula, oramai comunemente adottata, per il governo della società post-industriale, è stata abilmente studiata per occultare la realtà e i fatti, come essi sono.
Sempre più, si è fatto uso, ad esempio, delle sofisticate tecniche basate sulla disinformazione che, unita alla manipolazione, portano ad affermare concetti cari ai comunicatori moderni, come quelli delle bugie ripetute con costanza, che finiscono per sembrare verità incontrovertibili.
In questo modo, però, succede che la realtà stessa diventa una provocazione.
Ebbene, se dire la verità, nel rappresentare la realtà ed i fatti, significa essere provocatori, allora, bisogna deliberatamente provocare!
Non gratuitamente, non genericamente, senza alcuna cattiveria, ma semplicemente per cercare di offrire un contributo, al cambiamento necessario, per migliorare la società e ciascuno di noi.
Occorre provocare l’orgoglio popolare, i manipolatori di verità, gli arroganti di posizione, gli operatori della discrezionalità pubblica, i fustigatori del nobile agire.
La parola “provocazione” significa “chiamare fuori”, “stuzzicare”, “stimolare” ed è sulla base di tale significato che bisogna agire per portare alla luce verità, spesso scomode, che sono tenute volutamente celate, oppure fatti e situazioni, di cui viene data una interpretazione distorta e irreale.
La cosa curiosa è che se si procede in questo modo si giunge a verificare che, quasi sempre, risultano capovolti i termini delle questioni, e il provocatore finisce puntualmente per diventare il provocato.
Il Sindaco di Potenza, smette,così, di essere Sant’Arsiero cerimoniere e quello di Matera, Fra Ticket elemosiniere.
Ad esempio, se denunciamo che in media, ogni lavoratore degli uffici pubblici, oltre alle ferie, è assente dal lavoro per circa venti giorni lavorativi all’anno, si registra immediatamente la reazione delle organizzazioni sindacali. Ma la vera provocazione è aver detto una scomoda verità oppure aver taciuto un andazzo poco edificante, che se fosse stato noto, avrebbe reso poco credibile le prese di posizione critiche dei sindacati, sulle politiche del lavoro?
Così come, a volte, capita di assistere a dibattiti e confronti tra esponenti politici che se ne dicono di tutti i colori nel tentativo di sostenere le proprie tesi, senza che venga messa in discussione la reciproca licenza di inveire ed offendere. Basta, però, che un semplice cittadino si permetta di contestare quanto da loro affermato, che scatta l’arroganza e il disprezzo verso il popolo bue che si permette di provocare chi ha avuto la divina investitura. Ma la vera provocazione è aver messo a nudo il gioco delle parti nella recita del teatrino messo su ad arte o non, piuttosto, lo sfoggio di insofferenza e superbia di coloro che dovrebbero essere, non i vessatori, ma i servi del popolo?
E il popolo stesso, è sempre vero che è migliore dei suoi rappresentanti o che, invece, si costituisce vittima e si dichiara prigioniero in partenza, pur di non fare la guerra?
E’ evidente che ognuno di tali quesiti sollecita una specifica provocazione che, per questioni di spazio, rimandiamo alla prossima settimana, anticipando che non si mancherà di stuzzicare direttamente quanti hanno influenza e responsabilità sul paradosso di una terra che, a dispetto delle proprie bontà e virtù, si muove solo con le scosse telluriche ed avanza solo sul versante delle frane. Per tutto il resto, continua a rimanere ferma al palo. “Non so se mi sono spiegato”, diceva il grande Totò.

Gianmatteo del Brica

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