sabato, settembre 02, 2006

 

FAVOLE

Taccuino n. 24
Anche io voglio raccontare una favola! Certo che se ne raccontano di favole! Non più nell’aia o intorno al fuoco, come una volta, ma soprattutto sui giornali e nelle dichiarazioni politiche che precedono momenti topici, come quello del periodo estivo.
Non favole contadine e nemmeno metropolitane, ma solo affermazioni di vacua propaganda e di opportunistica furbizia, spaziando, di volta in volta, con invenzioni che neanche usando la tortura potrebbero sollecitare l’immaginario popolare. Sono anni che si favoleggia e se ne dicono di tutti i colori, dal Pollino che si congiunge con la luna, al Metapontino che si tinge di teutonico, alla valle dell’Agri che riesce a profumare il mondo, a Maratea che diventa lo specchio magico di tutte le virtù soleggianti.
Ma tra le improbabili “favole della calura”, non più di tanto criticabili in quanto, per lo più, dettate da lidi a forte insolazione, spicca, puntualmente, quella relativa al rilancio turistico di Monticchio che, come d’incanto, da parte di Sindaci, Assessori, Presidenti e Segretari, viene raccontato come il miracolo degli sforzi istituzionali e della fantasiosa capacità governativa, che in modo impareggiabile riesce a stendere un velo, sfacciato più che pietoso, sul degrado, sull’improvvisazione, sull’oblio che, da sempre contrassegnano quelle due straordinarie pupille d’acqua accolte ed incastonate laddove la natura ha voluto esprimere prepotenza e grandiosità.
Ebbene, anche io voglio raccontare la favola di Monticchio e della Bramea, come un tempo, partendo dalle suggestioni e dai valori che dovrebbero guidare l’operato degli amministratori, prima ancora che costituire la molla dei turisti e dei visitatori.
Eccola: “Un tempo al posto dei laghi di Monticchio vi erano rigogliosi campi coltivati. Quando vi giunse una signora disperata per le sue pene d’amore, gli Dei, intristiti dal gran pianto della donna, fecero oscurare il cielo; subito dopo la montagna si infuocò e la terra fu inghiottita lasciando spazio a due grandi crateri che furono riempiti con le lacrime della Signora del Lago.
La Signora del Lago continuò a vegliare su queste perle d’acqua proteggendo tutte le fanciulle che vi giungevano.
Si racconta del grande desiderio di una fanciulla di specchiarsi nelle limpide acque dei laghi che, dopo aver attraversato campi e boschi, si ritrovò solitaria in questo luogo incantato e misterioso. Presa dall’entusiasmo, essa volle bagnarsi nelle dolci e fresche acque. Tutto sembrava straordinario ma la meraviglia della ragazza fu, ad un tratto, bruscamente interrotta dall’apparizione nel lago di un terribile mostro, metà uomo metà drago che minaccioso si avvicinava sempre più. La fanciulla era come pietrificata e rassegnata ad una sorte drammatica quando d’improvviso vide apparire un imponente cavaliere che con voce rassicurante la invitava a non arretrare. Sulla superficie dell’acqua apparvero allora delle grandi foglie che accolsero la fanciulla salvandola dal terribile mostro. Erano straordinarie ninfee che ancora oggi abbelliscono i laghi di Monticchio. Il cavaliere altri non era che S. Michele Arcangelo in ricordo del quale fu costruita la maestosa Badia proprio nel luogo in cui la fanciulla si fermò ad ammirare lo scenario dei laghi. Quella bellissima fanciulla si trasformò poi in una delicata farfalla, la Bramea, che nelle sere d’estate continua a rispecchiarsi nelle acque dei laghi di Monticchio.”
Ma se si va avanti così, l’Assessore Donato Salvatore, dovrebbe saperlo, dopo aver perso le acque minerali, a Monticchio non ci sarà più neanche la Bramea e la favola raccontata dagli amministratori, non sarà una storia a lieto fine, quanto, piuttosto, un altro triste capitolo del libro delle mortificazioni subite da un popolo che, a dispetto delle grandi ricchezze del territorio, e nonostante i ricorrenti proclami favolistici, continua a scontare le pene del mancato sviluppo.
Se non si recuperano i valori più autentici e lo stretto legame con il territorio, a nulla potrà servire neanche la mozione sulla valorizzazione di Monticchio, che Nicola Pagliuca ha presentato in consiglio regionale. Anzi, al pari della nota favola aviglianese, correrà il rischio di finire cucito vivo in una pelle di somaro, proprio come il barbiere che aveva svelato alla terra il segreto delle orecchie d’asino del sovrano di Lagopesole. D’altronde se è vero che anche da noi i tempi sono cambiati, non è che poi siamo andati molto avanti.

Gianmatteo del Brica

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