giovedì, settembre 14, 2006

 

“EURO”AMORI

Taccuino n. 27


Come cambiano i tempi. Una volta si portava il ritratto del proprio amore dentro il portafoglio, oggi, il portafoglio è diventato il ritratto del proprio amore. Il rapporto dell’Istat sugli stili di vita degli italiani non lascia spazi a dubbi. Si sta insieme per convenienza, e gli amori non sono più tribolazioni di passioni e sentimenti, ma complicate combinazioni social-finanziarie. “Euro-amori”, nel senso non geografico, ma più squisitamente monetario. Infatti, è oramai confermato dalle statistiche, che per il 57% dei casi, le liti tra i partner, avvengono non più per eccessiva gelosia o per scarsa abilità culinaria, ma per soldi. Con la conseguenza di una crescente incoerenza di fondo nella sfera dei rapporti di relazione, soltanto minimamente attenuata da una apparente, maggiore governabilità, derivante dall’allungamento della durata delle convivenze. In amore come in politica. Similitudine non del tutto azzardata, se si analizzano con attenzione i processi che negli ultimi decenni si sono consolidati nei processi di evoluzione-involuzione della società e della politica. Fino agli anni della cosiddetta prima repubblica, infatti, i fidanzamenti erano meno lunghi, 40 mesi a fronte dei 60 attuali, ma sfociavano in solide unioni basate sul collante della comune appartenenza, della condivisione di progetti e ideali di pensiero, del rispetto dei valori etici e morali fondamentali.La Democrazia Cristiana, il Partito Socialdemocratico, il Partito Repubblicano e il Partito Liberale ebbero, nell’immediato dopoguerra, un brevissimo fidanzamento cui seguì, però, con l’aggiunta del Partito Socialista, un matrimonio che durò mezzo secolo, fino alla disgrazia che ne segnò il loro trapasso, in occasione di tangentopoli. Pur senza alcun intendimento nostalgico, bisogna ammettere che si trattò di ben altra cosa, rispetto alle convivenze attuali, che hanno portato nello stesso giaciglio, gli eredi dei comunisti, dei democristiani e dei socialdemocratici, i moderati e gli oltranzisti, i democratici e gli statalisti, i garantisti e i giustizialisti. Quale collante ideologico e di valori può tenere insieme, nell’Unione, Romano Prodi e Massimo d’Alema, Luciano Violante e Clemente Mastella, Antonio Di Pietro e Ugo Intini, Alfonso Pecoraio Scanio ed Enrico Letta? E nella Casa delle Libertà, Silvio Berlusconi con Fabrizio Cicchitto, Roberto Calderoli con Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini con Giorgio La Malfa? Oppure, per restare in ambiti più localistici, cosa ha fatto fidanzare, oramai da più di un decennio, Emilio Colombo con Antonio Luongo, Vito de Filippo con Vincenzo Folino, Gaetano Fierro con Vincenzo Santochirico, Emilia Simonetti con Gennaro Straziuso, Franco Mattia con Egidio Digilio? Niente di più, niente di meno, che la convenienza di un sodalizi innaturali, frutto di una visione prettamente utilitaristica, che si è affermata in questi anni di assenza della politica nobile e di servizio.Ma, se la politica ha perso la propria funzione e la propria identità, perché mai il contesto sociale dovrebbe comportarsi diversamente? Ecco, allora, che in un siffatto contesto, il connaturato spirito di emulazione dei figli verso i padri ci propone una società come non la vorresti: confusa e spaesata, preoccupata e senza slanci passionali, a volte perfino fredda e cinica. E così come le sezioni di partito non esistono più e le assemblee elettive sono ridotte al rango di semplici formalità ratificanti, l’Istat ci informa che solo il 5,8% degli attuali coniugi si è conosciuto attraverso il vicinato, a fronte del 21,3% del 1964 ed appena il 4,6% contro il 17,5% ad una festa di paese. Di converso, si quadruplicano le unioni nate in discoteca e nei luoghi di vacanza. La Basilicata ha, però, con il 26,7%, il primato nazionale delle conoscenze matrimoniali fatte per strada; con il 2%, quello della più bassa percentuale di convivenze prematrimoniali, con il 55% quello del più alto numero di matrimoni con oltre 100 invitati e con 16,7% quello sui litigi se mettere al mondo, o meno, dei figli. Ovviamente, anche da noi, il primo motivo di litigio è quello su come spendere i soldi, seguito a ruota dalle modalità di educazione dei figli, dall’assenza di dialogo, dal rapporto con i suoceri e dalla mancanza di collaborazione domestica. Proviamo a pensare cosa avviene alla Regione, alle Province, alle Comunità Montane e negli altri Enti pubblici, sui finanziamenti, sulle clientele, sulla mancanza di democrazia, sul dirigismo di vertice e sullo scollamento tra i partiti delle coalizioni. Abbiamo esattamente il canovaccio dei limiti della società disegnati dall’Istat. Tanto, da poter dire che la propagandata capacità di governo delle istituzioni lucane non è altro che una dannosa “pubblicità regresso”, oltre che di inutile gratuiticità.

Gianmatteo del Brica


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