venerdì, settembre 29, 2006

 

CONCUPISCENZA

Taccuino n. 30

Meno male che Prodi non è un bell’uomo e non possiede neanche un pizzico di charme, altrimenti chissà quante donne avrebbe concupito ed abbandonato. Ma non si creda che la mancanza degli attributi alla Tom Cruise, alla Fabio Cannavaro o Costantino Vitagliano, porti a ridurre il livello di concupiscenza del Presidente del Consiglio. Semplicemente, essa, è indirizzata verso altre categorie di peccato contemplate nel decimo comandamento, come quelle della bramosia per impossessarsi della casa del prossimo, delle sue ricchezze, dei suoi servi. In questo campo in particolare, quello, cioè, di utilizzare i suoi collaboratori, quali comodi parafulmini per evitare incresciose situazioni, non mancano i riscontri, nel corso di una carriera, che ha portato Romano Prodi a spaziare dall’economia alla politica, sempre con lo stesso atteggiamento bipolare, bonaccione e cinico, dottor Jekyll e Mr Hyde, Yin e Yang, secondo quella filosofia cinese, rinfrescata nella recente visita in oriente che, come abbiamo visto, è stata capace di combinare gli intrecci delle relazioni economiche tra Cina e Italia con gli affari derivanti dalla fine dell’embargo della vendita delle arm,i ad un paese dove ancora non sono assicurati ai cittadini alcuni elementari diritti civili. Ma cosa importa, tutto ciò, se, quando a guidare l’operato di chi dovrebbe essere saggio e giusto, come il capo del governo, sono prevalentemente la superbia e l’interesse proprio? Assolutamente nulla, e per l’inquilino di Palazzo Chigi, perfino il sentimento di amicizia finisce per costituire un optional tranquillamente rimuovibile dal novero dei principi da rispettare. E’ in tal modo che si giustifica l’abbandono, al loro triste destino, di persone che pure hanno contribuito a fare la fortuna politica ed economica dell’attuale premier. Ad incominciare da Angelo Rovati e per finire a Saverio Lamiranda, personaggio di lungo corso, ritornato alla cronaca recente, chissà perché, per l’inchiesta sui falsi agriturismi. Tutti, oggi parlano del consigliere economico, amico del Presidente, costretto a dimettersi per cercare di ridurre gli imbarazzi sulla vicenda Telecom, mentre pochi ricordano che la scalata al potere politico da parte di Prodi, si intreccia strettamente con le vicende dell’ex Presidente della cooperazione bianca, attraverso il quale fu messo a disposizione il famoso pullman della campagna elettorale che portò al primo governo di centrosinistra. Al costo del carburante, provvide, invece, un certo Callisto Tanzi. Saverio Lamiranda custodisce i segreti e le prove di un modus operandi caro a chi, malgrado gli addebiti e le perplessità politiche dei suoi stessi alleati, è riuscito ad occupare le massime postazioni in Italia ed in Europa. Molti si sono chiesti, in questi anni, come mai, pur avendo dovuto scontare l’ingiustificata gogna pubblica e la pesante mano della giustizia, l’apprezzato manager dei tempi delle partecipazioni statali guidate da Prodi-omino di De Mita, non abbia mai voluto fornire alcun dettaglio della complessa vicenda politico-affaristica che portò alla cessione della Cirio-Bertolli-De Rita da parte della Sme alla Fisvi di Lamiranda, per soli 310 miliardi di vecchie lire, nonostante ne valesse circa mille. Sicuramente, Lamiranda ne sa molto di più rispetto al fatto che lo stesso Prodi era stato consulente della società olandese Unilever, cui subito dopo l’operazione di privatizzazione, fu ceduta una rilevante parte del gruppo alimentare. E, siccome, tutto si può dire dell’ex Presidente di Confcooperative e del dimissionario consigliere economico, fuorché che non siano persone argute ed intelligenti, in grado di valutare perfettamente se, il far conoscere la verità può essere considerato uno sgarro da punire ulteriormente, bisogna presumere che difficilmente, Lamiranda e Rovati, potranno liberamente ottemperare al diritto-dovere di contribuire a rimuovere il circolo vizioso su cui si regge l’impalcatura affaristica-opportunistica della politica italiana. Probabilmente, essi, scontano la leggerezza di aver creduto nel valore di un vincolo di amicizia che nel modus operandi del Presidente del Consiglio non risulta contemplato, se non in combinazione con la tutela dei propri interessi e con il perseguimento dei propri obiettivi. Noi siamo solidali con Lamiranda e Rovati, ma non sarà facile, per loro, digerire l’esperienza di essere stati abbandonati come oggetti ingombranti e non più utili, nel limbo delle anime in castigo e senza luce, a causa di un carniere ricco di prede catturate per conto di un bracconiere che non ricorda mai di essere tale. E in questo, non c’è dubbio alcuno, Prodi è il più bravo di tutti.
Gianmatteo del Brica

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