giovedì, agosto 10, 2006

 

POLI E POLLI

Taccuino n. 7
I “poli” industriali, i “polli” con l’aviaria, i “poli” di centrodestra e di centrosinistra, il “terzo polo”. Oramai non si sente parlare d’altro; è un frastuono che le radio, le tv, i giornali, sapientemente e, non sempre correttamente, indirizzano verso i cittadini.
Per fortuna che, oramai, ci siamo quasi. Il 9 e 10 aprile si svolgeranno le elezioni politiche per andare a “ratificare” la composizione del nuovo parlamento italiano. Già, questa volta non si tratta di “scegliere” chi dovrà rappresentarci, ma soltanto di confermare, quasi obbligatoriamente, le decisioni che i partiti hanno compiuto. E finalmente, dopo duemila anni è stata trovata la formula per smentire il luogo comune che vuole la politica come una cosa molto diversa dalla matematica. Infatti, grazie ai due poli, che hanno fatto solo finta di litigare ferocemente tra di loro, è stato messo a punto un meccanismo elettorale, che costituisce una specie di capolavoro di calcolo e di esattezza scientifica in campo politico. Soltanto l’imponderabile potrebbe modificare un sistema di autoconservazione e di prevaricazione delle strutture dei vertici dei partiti che, per primo, è stato adottato e sperimentato nella rossa regione Toscana. Altro che denunce e critiche politiche alla legge licenziata appena qualche settimana prima della chiusura della legislatura. La verità è che questa “porcata”, come è stata definita la nuova legge elettorale, da coloro stessi che l’hanno proposta e votata, sta bene ad ambedue i poli. Il perché è presto detto. Se la politica italiana è stata ridotta ad un pollaio, i galletti più furbi e cinici hanno pensato bene di poter alzare la cresta appropriandosi delle uniche postazioni utili per poter comodamente beccare in una mangiatoia così stretta, che di fatto, risulta preclusa a tutti gli altri bipedi. Da noi, gongolano i soliti galli che ben conosciamo: Boccia, Bubbico, Buccico, Luongo, Margiotta, Potenza, Viceconte, che, manco a dirlo, sono i detentori del potere reale all’interno dei due “poli”, questo termine prepotentemente entrato a far parte del gergo politico da dieci anni a questa parte. E’ grazie alla nascita dei “poli” della politica, che sono aumentati vertiginosamente coloro che sono identificati come i “polli” della politica. Io stesso, guardando alla politica con lo spirito dei miei tempi antichi, sarei da annoverare tra i polli sognatori o strombazzatori di idee che non allignano più in gran parte dei politici attuali. Eppure, poco tempo fa non c’era alcuna confusione di interpretazione circa il temine “polo”, né ci poteva essere alcun accostamento con l’interpretazione più cattivella del termine “pollo”, riferita a tutti gli altri esseri non appartenenti alla ristretta cerchia dell’oligarchia dei due principali poli. Il “polo” è entrato a far parte del linguaggio politico italiano dopo l’introduzione del sistema elettorale uninominale, indicante una coalizione di partiti ideologicamente affini che, in seguito ad un accordo, si presentano alle elezioni con un medesimo programma di governo. Così abbiamo avuto il polo di centro-destra e il polo di centro-sinistra. Come se non bastasse, adesso, abbiamo anche il “Terzo Polo” che, però, è figlio del ritorno al sistema proporzionale, segno evidente del fallimento del bipolarismo tutto italiano, che non ha portato nulla di buono, neanche la riduzione del numero dei partiti. Sarà esso l’elemento imponderabile che può scombussolare i calcoli dei due poli? Chissà. Tutto dipende da come si comporterà quella larga fetta di cittadini delusi dalla politica dei due poli e nauseati dalle continue risse che quotidianamente contrassegnano gli schieramenti di Prodi e Berlusconi. Per intanto, bisogna contestare al Terzo Polo l’inesattezza della denominazione della propria lista, impropriamente chiamata “polo”, in quanto non costituita da più partiti, ma da un’unica formazione politica. D’altronde, non conviene neanche, ad un partito appena nato, identificarsi con una definizione per nulla qualificante perfino nei neologismi che ne sono derivati. Nel gergo moderno “polleggiarsi” significa camminare con noncuranza verso gli altri, atteggiandosi. Esattamente come quei galletti furbastri che, anziché andarsi a conquistare il sostentamento nella libera prateria, con una legge di comodo, hanno mortificato le energie più belle e le passioni più profonde. Anche per questo, andrebbero duramente puniti.
Gianmatteo del Brica

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