sabato, agosto 12, 2006
PECCATO
Peccato che sia finita! Se continuava, questa campagna elettorale, avremmo finalmente ottenuto tutto quanto finora era stato inutilmente reclamato: benessere e sviluppo, riduzione delle tasse, funzionamento della giustizia e della sanità, democrazia e libertà.
Peccato che sia finita! Se continuava, questa campagna elettorale ricca di bugie, forse avremmo potuto prendere coscienza per tempo, degli inganni attraverso i quali i capoccioni dei partiti si sono garantiti i loro privilegi.
Soprattutto, però, peccato, che la maggioranza delle persone non abbia saputo o potuto cogliere pienamente l’occasione delle elezioni, per mandare un segnale più deciso a governanti e politici sempre più cinici e distanti dai problemi veri della gente.
Dopo il “mattarellum” tanto criticato, essi, infatti, sono stati capaci di inventarsi il “porcellum”, cioè una legge elettorale ad uso e consumo dei vertici di partito, che solo così può essere definita, dopo che coloro stessi che l’hanno approvata, hanno dovuto ammettere che si trattava di una “porcata”.
Una volta, per molto meno, gli elettori, nel segreto dell’urna, avrebbero severamente punito gli autori di un inqualificabile scempio democratico come quello che si è consumato sulla testa dei cittadini lucani ed italiani che, anziché partecipare alla libera elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, sono stati, praticamente, costretti ad esprimersi su una specie di referendum tra Prodi e Berlusconi e, in seconda battuta, tra Fassino e Fini, Rutelli e Casini, Bertinotti e Calderoli.
Solo queste facce abbiamo visto, in questa campagna elettorale, segno di una politica mediatica e verticistica, che non ha lasciato spazio a nulla di cui eravamo abituati: i manifesti dei nostri candidati locali, i comizi in tutti i paesi, la richiesta del voto da parte di candidati conosciuti ed a portata di tiro prima e dopo le elezioni. E se solo fino a poco tempo fa, la campagna elettorale serviva a conquistare il consenso attraverso i comizi, gli incontri, il contatto con la gente che, a sua volta, aveva la possibilità di stringere la mano, guardare negli occhi e di percepire e verificare l’impegno di chi si candidava, oggi, invece, la campagna elettorale serve più che altro a spingere il cittadino in uno spazio obbligato, senza vere alternative e senza alcun protagonismo, soprattutto per i giovani ai quali, purtroppo, per far politica, non resta altra scelta che sperare di diventare collaboratore o portaborse di uno dei capi. Niente più confronto, niente più sezioni di partito, solo fiumi di parole attraverso la fredda scatola televisiva per dare l’idea che si sta giocando una partita decisiva per il nostro futuro. Macchè! Solo spettacolo e messa in scena di un copione scritto nelle stanze della consociazione, per mantenere intatto il potere acquisito. Altro che ideologie di partito. Perfino i simboli delle forze politiche sono stati personalizzati con il nome dei rispettivi leader nazionali, sempre più primedonne bizzose e sempre meno interpreti del sentire popolare. La verità è che né Prodi e né Berlusconi possono risolvere i gravi problemi del nostro Paese e questa esperienza del bipolarismo furbo e approssimato, sperimentato dopo la prima repubblica, non solo è fallita, ma ci ha impoverito economicamente e culturalmente. L’Italia è la nazione dei tanti Comuni e delle innumerevoli risorse e non può essere ridotta a tenzone tra un imprenditore privato ed un imprenditore di Stato. Invece, ora più che mai l’Italia ha bisogno delle energie diffuse, dei saperi trascurati, delle libere intelligenze, per tirarsi fuori dal tunnel in cui è finita.
Nessuno può rivolere la prima repubblica ma è pure ora che nasca seriamente la seconda repubblica. E sotto sotto, vuoi vedere che è proprio questo il sottile segnale che il popolo italiano, con matematica precisione, ha voluto far giungere ai duellanti? In sostanza, ha detto la gente, veniamo a votare in massa, potete ottenere il pieno di consensi, ma rimarrete paralizzati dalla vostra stessa ingordigia. Il risultato inconfutabile scaturito dalle elezioni è, infatti, quello della ingovernabilità del Paese, frutto di una logica utilitaristica e verticistica dei due schieramenti, in virtù della quale ciò che conta è solo la ristretta cerchia di comando; tutto il resto è substrato. Ora, però, tocca a noi recuperare l’importanza del substrato: senza di esso nulla può crescere, neanche la più bella rosa, figuriamoci quella nel pugno.