mercoledì, agosto 16, 2006

 

PATTI E MISFATTI

Taccuino n. 13
Una leggera sofferenza stampata sul viso; il tono grave di voce che si conviene per gli annunci di topica importanza; il look grigio-blu convenzionalmente rassicurante. Ecco, la scena del rito è bella e fatta. Non si tratta del fatidico sì, che suggella la promessa matrimoniale, ma pur sempre di un impegno gravoso. Quello dei “patti”. A non finire e di ogni natura. E chi la fa da padrone, ovviamente, sono i partiti, soprattutto in tempi come questi quando, per parafrasare Gigi Marzullo, una elezione è appena finita e una nuova consultazione è appena incominciata. Ma non sono da meno i sindacati. Nessuno, però, che abbia senso e cognizione piena della responsabilità che vanno ad assumersi. Il significato più vero di un patto è infatti, quello di una promessa impegnativa, di una dichiarazione resa davanti a testimoni, insomma, di una specie di testamento.
Esattamente il contrario dell’uso spregiudicato e disinvolto che hanno fatto, partiti, associazioni e sindacati, dei vari patti annunciati negli ultimi tempi. Basta rammentare le tappe che hanno contrassegnato i principali avvenimenti di rilevanza politica, economica e sociale in Basilicata. Già nel mese di giugno del duemila, con la relazione programmatica di insediamento della nuova giunta regionale, l’allora Presidente, oggi neo senatore Filippo Bubbico annunciava il suo “Patto di Governo e di Sviluppo per la Basilicata che cresce”. Niente di più falso: la Basilicata non solo non è cresciuta, ma è arretrata, e di sviluppo neanche a parlarne, tanto è vero che il suo successore Vito De Filippo, ha dovuto cercare di correre ai ripari con la cosiddetta legge sulla povertà, così come è stato definito il provvedimento sulla cittadinanza solidale. Ma a sua volta, anche il nuovo Governatore regionale non ha saputo resistere alla tentazione di un’altra promessa, quella del “Patto per il futuro”. Che mai sarà ? Può darsi una nuova task force di maghi, cartomanti e chiaroveggenti, sperando solo che non sia dello stampo di Vanna Marchi e del mago Do Nascimiento. Non mancano, però, altri giuramenti solenni, come il “Patto d’onore” del consigliere regionale di Forza Italia, Sergio Lapenna, il “Patto di fiducia con i lucani, del Presidente della Provincia di Potenza, Sabino Altobello, il “Patto delle tre G” di Maria Antezza, all’interno del quale non sappiamo se c’è anche l’impegno per garantire l’individuazione del fatidico “punto G” che, quello sì, potrebbe addurre piacevoli sensazioni ai nostri concittadini. Anche la Margherita, senza alcuno sforzo di fantasia, ha riproposto una variante del “Patto delle tre G”; a questo punto vuoi vedere che, abituati come sono, a fregarsi tra di loro, si rubano perfino gli slogan. Staremo a vedere, ma in questo campo, i primi della classe non potevano essere che i diessini, con il “Patto di fiducia”, il “Patto per l’innovazione del welfare”, il “Patto per l’Italia nuova”, il “Patto tra i sessi e le generazioni”, il “Patto dei diritti e doveri con gli immigrati”, perfino il “Patto tra uomo e natura”, per il quale, sinceramente, non si capisce bene come faranno terra, acqua ed aria, ad accettarlo e sot toscriverlo. E’ fondato, pertanto, il dubbio, che questi patti siano né più né meno che delle formulette senza costrutto, teorizzate da proponenti poco credibili e da interlocutori ignari. Per conto di chi e per che cosa, infatti, se non per l’esclusiva propensione all’autoconservazione, la Cgil propone il “Patto per la Basilicata” (mah! e per chi, sennò), la Cisl, il “Patto per uscire dalla crisi” (perché, si può pensare anche ad uno per entrarci?), la Uil, il “Patto di unità regionale” (finalmente la Basilucania!), la Cia, il “Patto con la società” (ma come, gli agricoltori sono una entità extrasociale?). Il Wwf , addirittura, ha stipulato il “Patto sui fiumi” e su quest’onda, sicuramente qualcun altro avrà pensato a quello sui ruscelli e sui rivoli d’acqua.
In tutto questo fioccare di promesse, giuramenti e patti, nessuno dice però, cosa succede nel caso di mancato rispetto degli impegni assunti: ad esempio se i partiti si autoescluderanno dalle successive elezioni e se le associazioni ed i sindacati risarciranno quantomeno il costo della tessera sindacale o associativa. Niente, silenzio assoluto, a conferma di una dottrina della doppiezza che, oramai, tranne sporadici ed isolati casi, è fatta propria dalla generalità dei politici e dei sindacalisti. Sarebbe opportuno, perciò, che per il futuro possano essere annunciati soltanto i “patti” sottoscritti con atto notarile, in modo da ridurne almeno la “cavallettara” proliferazione e la conseguente, sicura, buggeratura dei cittadini. Basta pensare che il “Patto della pizza” avrebbe dovuto far risparmiare gli avventori dei locali ove si gusta la nota pietanza di origine partenopea mentre, invece, si è rivelata una vera “bufala” a danno dei consumatori che, a fronte di un costo totale di una pizza di appena 1,65 euro, hanno dovuto sborsare almeno 7,5 euro. Dunque, non Patti ma Misfatti, sapientemente diretti ed orchestrati. Adesso manca solo il “Patto della mortadella” che, tutti sanno, come la tagli tagli sempre mortadella rimane. Cioè, bonacciona, ma, allo stesso tempo, grassa, viscida, indigesta. Proprio come chi, pur di arrivare al potere, non ha esitato a fare il “patto con i diavoletti”.

Gianmatteo del Brica

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