lunedì, agosto 14, 2006
LE MAGIE
Diversamente, la realtà sarebbe ben diversa da quella che ci ritroviamo. Emilia Romagna, Lazio, Calabria, Piemonte e Toscana sono nell’ordine, secondo una recente ricerca dell’Agenzia Europea Investimenti e dell’Ocse, che hanno preso a riferimento gli statuti delle regioni ed il loro grado di apertura, l’internazionalizzazione, la trasparenza, l’efficacia e la partecipazione della società civile, le prime cinque regioni in Italia per “buon governo”. Ben posizionate in classifica risultano anche Umbria, Puglia, Campania, Marche, Abruzzo e Liguria. E la Basilicata? Come sempre tra le ultime, sempre più indietro, ma sempre sotto il controllo di coloro che riescono ad esercitare la loro magia, intesa come controllo delle risorse e dei gangli fondamentali della società.
Però che tristezza questi maghi di oggi, neanche un effetto speciale, un lampo di genio, un sussulto stuzzicante; niente, soltanto la routine quotidiana di quei piccoli trucchi utili a tener buona la gente. Ogni giorno se ne sente una: un pacchetto di convenzioni e incarichi, una delibera ad arte, un concorso ad hoc, un contributo ad una categoria, un patrocinio ad un evento, una nomina in consiglio di amministrazione, insomma, soldi spesi male ed in modo clientelare ed improduttivo. In fondo, questi sono i maghi nostrani, figli di un asfissiante sistema di potere, piuttosto che espressione di una effettiva capacità taumaturgica o di una comprovata abilità artistica. D’altronde i maghi, o posseggono veramente poteri paranormali, e in tal caso la Basilicata sarebbe una delle regioni più ricche e sviluppate, oppure devono servirsi della tecnica psicologica definita del “cold reading”, necessaria per trasformare gli interlocutori in buoni clienti o fedeli elettori.
Ma come fanno, si dirà, puntualmente a cascarci i cittadini lucani? Nessun mistero. E’ da tutti risaputo, infatti, che di solito, va dal mago o dalla cartomante chi ha bisogno, o peggio ancora, chi soffre per gravi motivi: in sostanza, gran parte delle famiglie lucane che, per generazioni, non hanno avuto altra possibilità che pregare i santi o sperare nell’artifizio di maghi e imbonitori. Dopo le ultime elezioni c’è, però, qualche novità. Infatti, se finora, le donne erano state considerate soltanto delle streghe e, come tali, escluse dalla giostra del divertimento, dopo il dieci aprile, anch’esse sono state aggregate alla carovana dei prestigiatori. Nella dimensione più ampia possibile, in modo da estendere l’influenza politica lucana sull’intera penisola: dalla città di Palermo ai territori Lombardi. Una specie di rifondazione della rappresentazione abituale, resa forse necessaria dalle magre figure che in questi anni hanno collezionato i vari maghi Casanova, con i loro assurdi e fallimentari giochi di prestigio. Neanche i maghi Merlino, in Basilicata, hanno ottenuto risultati migliori. La loro bonomia è stata utilizzata dai rifondatori per costruirsi le postazioni indispensabili per l’arrampicata al potere. Però, finora, nessuno è riuscito ad estrarre la spada dalla roccia e ad essere incoronato come sovrano del popolo lucano. E in mancanza di un valido Semola-Artù, non ci resta, pertanto, che affidarci alle figure emergenti delle novelle Circe e Medea. Con l’avvertenza della prudenza consigliata da chi, come il sottoscritto o come il gufo Anacleto, ne ha viste tante in fatto di magia e vi suggerisce, nell’interlocuzione con le maghe, di non parlare loro dei vostri fatti, perché qualsiasi informazione può essere usata contro di voi; di farvi mettere per iscritto ciò che dicono di garantire; di non dare retta ai loro discorsi e manifesti, perché si tratta di pubblicità ingannevole; di non firmare nulla, perché in nome della loro ideologia non guardano in faccia nessuno. Speriamo almeno che nel nuovo Parlamento, esse riescano a portare avanti qualche sortilegio a favore della Basilicata, magari tramutando, al pari della maga Circe, in bestie feroci i nemici della nostra terra, possibilmente senza compiere nessun delitto di odio o di gelosia, com’era adusa Medea.
Ci scommetto, però, che esse si preoccuperanno, invece, di tentare qualche sortilegio in nome dell’antiglobalizzazione, di nessuna utilità per le nostre imprese e per i nostri concittadini lucani che, come gli antichi marinai, rischiano di essere vittime delle Sirene, brave, con il loro canto, ad attrarre e procurare sventura.