venerdì, agosto 11, 2006

 

LA SINDROME

Taccuino n. 8
Tutte le sindromi indicano qualcosa che non funziona, che non va bene, uno stato morboso. Alcune sono veramente preoccupanti, mentre altre risultano perfino strane e bizzarre, come la sindrome del balcone o quella di carosello, il famoso siparietto pubblicitario che dava la buonanotte ai bambini.
Carosello è finito trenta anni fa, ma ancora oggi se ne avvertono gli effetti, quando assistiamo a forme di pubblicità che appaiono divertenti nella rappresentazione ma che, in sostanza, non esprimono grande attinenza con il prodotto di cui dovrebbero diffonderne il valore e la qualità.
In questi tempi di campagna elettorale, non sono mancati i siparietti, di volta in volta, messi in atto dal centrodestra, dal centrosinistra e dal terzo polo. A differenza di carosello, però, essi si sono rivelati quasi sempre scontati e noiosi, a conferma di una politica che dimostra di essere sempre più malata e di aver perso lo smalto dei tempi migliori, quando essa rappresentava impegno civile e passione ideologica.
La prevalenza odierna, invece, è quella dell’affare e dell’interesse personale che, con cinismo e spudoratezza, vengono perseguiti dai ristretti gruppi dominanti degli schieramenti politici che, man mano, si sono costruiti un diabolico sistema di controllo e di sopraffazione antidemocratico della popolazione. Le stesse leggi, a partire da quella elettorale, con una sfacciataggine senza precedenti nella storia italica, sono state piegate alla tutela esclusiva dei privilegi di una oligarchia politica, arrogante e vessatoria che, dopo gli amici fidati, si è portata in Parlamento anche le mogli e i fratelli. Così, la gente comune è diventata sempre più vittima del potere finito in mano ai vari assessori e segretari di partito che, anziché svolgere la loro funzione di rappresentanza degli interessi generali della popolazione, ne sono diventati veri e propri aguzzini.
Mai, prima d’ora, i cittadini lucani erano stati tanto male e mai, dai tempi del fascismo, erano stati privati dei fondamentali diritti democratici. Tuttavia, mai prima dell’ultimo decennio, chi stava al governo aveva avuto un consenso così ampio come quello registrato alle scorse elezioni regionali e provinciali. Come si spiega tutto ciò? Con la sindrome di Stoccolma! Così viene definito quello strano fenomeno che porta la vittima ad ubbidire e simpatizzare con i propri persecutori. In effetti, non proprio di simpatia, si tratta, secondo gli studiosi, ma di un legame segnato soprattutto dallo stato di dipendenza, che si determina, tra chi detiene e chi necessita degli elementi essenziali di sopravvivenza. E’ fuor di dubbio che gran parte della popolazione lucana si trova in condizione di bisogno ed è portata ad identificarsi principalmente con chi detiene gli strumenti per alleviare tale condizione, indipendentemente dalla bontà del loro operato. Le diecimila domande giunte alla regione sulla legge della cittadinanza solidale ne sono la controprova. Ma, allora, se stanno così le cose, è ineluttabile il segno della deriva che ha assunto la realtà sociale della Basilicata? Tutt’altro. D’altronde, è stato assodato che la sindrome di Stoccolma non solo non si sviluppa necessariamente in ogni situazione di cattività ma, in molti casi, il rifiuto degli ostaggi ad ogni tentativo di subordinazione, ha consentito di incrinare l’atteggiamento intransigente e prepotente dei persecutori. E se giungesse forte la protesta che non può essere sufficiente, per garantirsi la benevolenza, la promessa di un misero assegno di 250-300 € alle persone povere, a fronte di una fetta ben più sostanziosa di finanziamenti della legge sulla cittadinanza solidale, che vanno indirettamente ad ingrossare il bottino dei privilegiati di corte? E se il 9 e 10 aprile uscisse dall’urna un segnale chiaro ed inequivocabile di rifiuto di qualsiasi subalternità imposta o pretesa da chi ci ha maldestramente governato?
Non solo Avremmo definitivamente debellato la sindrome di Stoccolma dei cittadini lucani ma avremmo aperto nuove e migliori prospettive per le future generazioni.
Gianmatteo del Brica

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