venerdì, agosto 18, 2006

 

FALLIMENTI

Taccuino n. 16
Centotreanni fa fu costituito il Consorzio agrario di Potenza. Ne furono promotori alcuni benemeriti personaggi come Giovanni Salerno, primo direttore della particolare cooperativa, Fabrizio Laviano e Francesco Padula, importanti proprietari terrieri di quei tempi.
Un secolo dopo, nell’anno duemila, a seguito della legge di riforma, il Consorzio agrario della Lucania è stato trasformato in una società cooperativa ordinaria a responsabilità limitata ed ha esteso la sua competenza territoriale, formando un’azienda unica con il Consorzio agrario provinciale di Taranto, con lo scopo di contribuire a migliorare ed incrementare la produzione agricola, perseguendo l’interesse degli agricoltori.
Sarebbe difficile fare il conto di quanti finanziamenti pubblici sono stati utilizzati per il perseguimento di una finalità che, alla luce degli avvenimenti, va considerata più come un pretesto che come un reale obiettivo. Da sempre, infatti, il Consorzio agrario è stato uno dei principali collettori degli interessi politici prevalenti. Ora che ciò non è più possibile, rimane soltanto quale emblema di una società che continua a scontare le conseguenze di un improbabile equilibrio tra finzione ed illusione.
Nei giorni scorsi, il Tribunale di Potenza ne ha dichiarato il fallimento e così, anche una delle più antiche strutture economiche regionali, è fallita. Tutto sommato, senza colpo ferire e senza colpi di scena particolari, nonostante si trattasse di una delle principali organizzazioni di servizio per il mondo agricolo e con la sua chiusura venisse meno l’occupazione per circa un centinaio di lavoratori.
Pochi sussulti, quasi ordinaria amministrazione dalle nostre parti, dove, in tema di fallimenti, esiste un nutrito albo d’oro. Tutta la storia della Basilicata, successiva al conflitto mondiale, è contrassegnata di fallimenti. Dal polo della chimica, a quello delle strutture agroindustriali, a quello dell’industrializzazione post-terremoto, fino ai più recenti insediamenti turistici. Con la sola legge 219, nelle otto aree industriali della provincia di Potenza, non sono state avviate o sono fallite, ben quaranta industrie su novantanove, con una riduzione della occupazione prevista di circa il cinquanta per cento. Ma più in generale, nel corso degli ultimi anni, in Basilicata si sono verificati ben 1.721 fallimenti di imprese, con un incremento del 3,1%. I fallimenti da noi sono una costante, un tributo fisso e forse di più: un rito! Anche nel caso del fallimento del Consorzio agrario, il rito è stato consumato per intero e si è dato corso alla sceneggiata che contempla un preciso gioco delle parti, fatto di puntuali pubbliche richieste di aiuto, da parte dei sindacati e degli amministratori delle strutture in difficoltà, e di altrettante puntuali pubbliche dichiarazioni di solidarietà, da parte dei responsabili politici e delle autorità istituzionali. Risultato: nulla succede e chi ne paga le conseguenze sono solo coloro che dovrebbero essere i beneficiari di strutture e provvedimenti presentati come il toccasana di antichi problemi.
Vien da chiedersi, allora, e i sindacati cosa fanno e a cosa servono? Recitano? A tale, legittimo quesito, bisognerà dedicare uno specifico spazio di approfondimento, ma è certo che, quasi sempre, i sindacati svolgono più una funzione di asservimento politico che di difesa dei diritti e degli interessi dei lavoratori. Solo nell’anno 2005 sono fallite, in Basilicata, 73 imprese e ben 461 aziende hanno fatto ricorso al procedimento di messa in liquidazione, senza che si attivasse alcunché per frenare e cercare di eliminare il preoccupante fenomeno; come dire, tanto peggio, tanto meglio. Ma un’altra spiegazione forse c’è ed è collegata alla capacità unica dei nostri governanti di esorcizzare ed edulcorare anche gli aspetti più negativi della nostra realtà, fino al punto da farli accettare o, addirittura, scomparire. In tal modo, i fallimenti non sono più una iattura ma, semplicemente, non esistono! Né in politica, né in economia e neanche sul piano dell’operato socio-economico. Basta soltanto credere e far credere che essi non sono altro che la naturale controprova di un percorso che porta ad un grande traguardo futuro. Pertanto, le difficoltà diventano utili sfide, l’aumento della povertà costituisce un’importante occasione di riflessione, i fallimenti rappresentano l’indispensabile sfalcio di piante per concimare il terreno su cui far crescere rigogliose piantagioni. E chi dice il contrario criticando l’inerzia, l’incapacità di governo, lo scempio di risorse, non è altro che un pericoloso individuo fuori dal coro, da ridurre alla ragione, con tutta la cattiveria del branco ed anche con le bastonate dei pastori dei palazzi.
Il fatto curioso è che non ne sono risparmiati neanche i servitori di un tempo, come quelli del Consorzio agrario, non più buoni per svolgere le antiche funzioni di collateralismo politico, oggi passate nelle mani di sindacati ed associazioni. Oramai quella strada era divenuta troppo complicata e farraginosa ed è stata man mano sostituita con la gestione diretta di incarichi e concorsi pubblici, con il proliferare degli staff e dei consulenti, con l’addomesticamento di enti, comitati, centri di servizio, società di scopo, strutture varie, attraverso cui è stato disegnato un nuovo ordine sociale ed economico, assai più funzionale per ripartire la torta tra commensali molto più numerosi e diversificati che nel passato.
Se poi tutto ciò passa per il fallimento di società ed imprese che non sono più utili alla mission della politica lucana, poco importa. Solo i pessimisti confondono le opportunità con le difficoltà.
Ma è anche vero che solo gli onesti e i sapienti, oltre agli errori ed ai fallimenti, non dimenticano ciò che devono fare!

Gianmatteo del Brica

Comments: Posta un commento



<< Home

This page is powered by Blogger. Isn't yours?