lunedì, agosto 28, 2006

 

30 E ALLODOLE

Taccuino n. 21
A parere di molti politici, sindacalisti e organi di informazione lucani, con il decreto legge “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e contrasto all’evasione fiscale”, il governo Prodi si è meritato un bell’encomio. Vedremo, nell’attuazione concreta del provvedimento, se veramente si tratta di un intervento che accende il motore della ripresa. Per adesso, bisogna ammettere che esso ha centrato l’obiettivo di indirizzare l’attenzione soprattutto sugli aspetti secondari del dispositivo messo a punto dal Presidente del Consiglio insieme ai Ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, quelli, cioè, indirizzati alla liberalizzazione ed alla promozione della concorrenza e di far passare in secondo piano la manovra correttiva dei conti pubblici per il 2006. Se l’intento era quello di attirare tutte le allodole possibili il governo si merita il massimo dei voti: trenta e lode, o meglio, allodole. Lo specchietto è stato costruito ad arte ed i primi a cascarci sono stati nientemeno che il governatore De Filippo, il segretario dei Ds, Lacorazza, e il presidente di Confindustria, Martorano; le cosiddette tre gambe della strana creatura del potere istituzionale, politico ed economico regionale.
A dire il vero, a questo organismo ameboide che detiene lo scettro del comando locale, va sempre aggiunto lo pseudopodo del sindacato di regime che, anche per l’occasione, si è dimostrato appendice inutilmente protuberante dal momento che il “decreto aspirina”, pur essendo stato varato senza concertazione, non ha generato nessuna vibrata protesta da parte dei confederali paladini dell’ovvio utilitaristico.
Non deve sfuggire, però, che per la natura dei provvedimenti assunti, finalmente hanno potuto esultare alla grande, udite udite, “perché con il decreto si interviene in settori fino ad oggi controllati da categorie protette” (sic!), le loro cuginette cooperative, manco a dirlo considerate alla stregua di novelle partecipazioni statali da parte di chi, con esse (leggasi Iri-Sme), ha costruito le proprie fortune ma ha anche causato le disgrazie di tanta gente, di primo e di secondo piano, utilizzata e mandata allo sbaraglio.
Come si suol dire, Prodi non è proprio uno stinco di Santo e non ha mai brillato neanche per coraggio e fantasia, a differenza di Bersani, che è riuscito a confezionare quasi alla perfezione il “decreto allodole”, consentendo al Presidente del Consiglio di presentarsi come l’abile cacciatore che, in un modo o nell’altro, riesce sempre a riempire il proprio carniere. Perfino in Basilicata, dove il “decreto vendetta” non offre grandi spunti di interesse per i lavoratori e i cittadini.
Sorprende, perciò, che con tanta enfasi ed entusiasmo, i massimi rappresentanti lucani si siano precipitati a decantare un provvedimento che è stato argomentato con non poca approssimazione ed evidenti contraddizioni. A sentire le parole di De Filippo, Lacorazza e Martorano, sembra quasi che si tratti di una legge speciale per la Basilicata, una sorta di “decreto riscatto-lucano”, in grado di rimediare a tutti gli errori commessi. A partire da quelli sui giovani, sulle categorie produttive, sulla burocrazia, sull’innovazione, sull’occupazione.
Ritenere, come fanno le autorevoli personalità richiamate, che il “decreto suggestione”, senza neanche liberalizzare l’unica materia per noi di grande interesse, come quella dell’energia, possa risolvere gran parte dei drammatici problemi che affliggono l’economia e la società lucana, significa arrampicarsi sugli specchi e farsi abbagliare dagli specchi. Proprio come le allodole. Non a caso, esse sono per i cacciatori le specie volatili che danno le maggiori soddisfazioni. Basta un fischietto a soffio (sul collo) o a vite (stretta sui cordoni della borsa) per farle obbedire all’ordine del proprio carnefice. Le allodole rispondono al falso richiamo con il loro canto melodioso fatto di due differenti e autoreferenti versi: “io-io” e “mio-mio”, emessi ad intervalli regolari nel corso dell’intera legislatura.
Shakespeare chiamò le allodole “messaggere del mattino” perché cominciano a cantare alle prime luci dell’alba, proprio come, a quanto è dato sapere, sono adusi i nostri personaggi nello svolgimento del loro quotidiano cimento nel gioco fra cielo e terra dentro i palazzi del potere. Però, è anche vero, che questi individui “mattutini” si addormentano già al primo accenno di crepuscolo, a differenza di quanto avviene per gli individui “serotonini”, come i gufi, gli allocchi, le civette, i barbagianni, che sono in grado rimanere svegli fino a notte fonda e che, a dispetto della loro nomea, sono dotati di grande acutezza e saggezza. Anche nel valutare un “decreto ottonato” come quello proposto dal governo. D’ora in avanti forse sarà più utile “allodolare” di meno e “gufare” di più. Quantomeno non dovremo sopportare i danni e le beffe che finora ci sono stati procurati.

Gianmatteo del Brica

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